Suor Irene Stefani, una delle Missionarie della Consolata, è stata beatificata sabato 23 Maggio a Nyeri, in Kenya, dal cardinale Polycarpo Pengo, arcivescovo di Dar-es-Salaam. Una missionaria del primo Novecento, chiamata “madre misericordiosa” da tutti quelli che ammirarono la sua tenerezza soprattutto verso gli ammalati. Morì a 39 anni curando un uomo ammalato di peste. Irene è stata una madre in tutti i sensi: madre spirituale e madre che nutriva anche il corpo, i bisogni del corpo. Per questo la gente l’ha chiamata ‘la madre di misericordia’, ‘la madre tutta tenera’. E ancora, di generazione in generazione, si tramanda la storia di questa grande donna della Consolata. Suor Irene non ha mai discriminato o allontanato le persone e per questo ha conquistato tanto la fiducia della gente.
Suor Irene è nata in provincia di Brescia nel 1891, battezzata col nome di Mercede, quinta di dodici figli. A 20 anni entra tra le Missionarie della Consolata, a 23 parte per il Kenya. Per i primi anni si dedica all’assistenza negli ospedali militari – strutture fatiscenti senza nulla – dove pulisce e fascia le ferite dei portatori africani, arruolati per trasportare materiale bellico della Prima Guerra Mondiale. La guida un motto: “Dolcezza, affabilità grande, molta, molta pazienza”.
Lei non perdeva la speranza di aiutare la gente gravemente colpita e faceva di tutto per dare speranza, per curare se c’era bisogno, per dare da mangiare, per insistere nello stare loro vicino. Andava anche alla ricerca di coloro che erano già stati buttati via come morti e alle volte riusciva a recuperare persone che non erano morte e le aiutava a ricominciare a vivere.
Nel 1920, suor Irene raggiunge la missione di Ghekondi, dove si dedica all’insegnamento scolastico. Gira per le capanne, col sorriso e un rosario in mano, alla ricerca di ragazzini da invitare a scuola e così conosce e aiuta come può anche le loro mamme. Insegna alle giovani consorelle, giunte da lei per il tirocinio missionario, e le circonda di affetto e attenzioni. Poi, nel settembre 1930, mentre si trova a Nyeri per gli esercizi spirituali – lei che aveva scritto con slancio “Gesù! Se avessi mille vite le spenderei per Te” – matura il desiderio di offrire la propria vita per le missioni. La superiora le nega finché può il permesso di tornare a Ghekondi dove intanto ha preso a infuriare la peste, poi si arrende alle sue insistenze. Irene comincia ad assistere i malati, un uomo in particolare:
“Quest’uomo, da cui ha contratto la malattia, faceva di tutto per togliere suor Irene dal suo lavoro. Invece, suor Irene non si è fermata. È andata avanti a cercarlo, anche nei momenti in cui lui aveva più bisogno. Lo ha curato e curandolo ha preso questa malattia. Per questo tanta gente dice che lei non è morta per la malattia, ma è morta per amore”.
Domenica 26 ottobre 1930 è la festa di Cristo Re. Suor Irene alla Messa guida le preghiere, ma i brividi le gelano le ossa. Si mette a letto. Muore cinque giorni dopo, a 39 anni, felice di andare “in Paradiso”, come dice a chi le è accanto in lacrime. Colei che chiamano “Nyaatha”, cioè “madre misericordiosa”, realizza il sogno annotato un giorno su una pagina – “Poter dire: Io sono Irene di Gesù e meritare la risposta: Io sono Gesù di Irene” – e lascia un esempio immortale alle missionarie che oggi la venerano.
Migliaia di persone si sono riunite a Nyeri, per partecipare alla cerimonia di beatificazione di questa suora italiana che ha lavorato per molti anni nella nazione dell’Africa orientale. Il quotidiano kenyano Daily Nation ha riferito che fino a 100mila persone provenienti da tutto il mondo si sono recate a Nyeri ad assistere alla cerimonia alla Dedan Kimathi University in cui suor Irene Stefani è stata dichiarata beata. Altri milioni hanno guardato l’evento in diretta televisiva.
(Dalla Radio Vaticana)
Alcune frasi celebri:
“Non dobbiamo essere giudici di pace, ma angeli di pace”
“Amatevi e spargete il seme del Vangelo”
“O Gesù, se avessi mille vite le spenderei per Te!”
“Seminare gioia e felicità senza raccogliere lodi”
“Quando si ama veramente non si prova fatica e tutto diventa possibile”